Viviamo in un'epoca in cui l'informazione è ovunque, ma la conoscenza reale è sempre più rara. Mai come oggi si parla di alimentazione: libri, podcast, video, post virali. Eppure, più si parla, più aumentano le distorsioni. Nel mare magnum della divulgazione alimentare, emergono figure carismatiche, spesso senza una reale competenza, che si impongono grazie a un linguaggio semplice, scenico, talvolta provocatorio. Funziona, ma a quale prezzo? Biologi nutrizionisti che fanno foto con il fonendoscopio......che per loro ha la stessa utilità di quello rosa della mia nipotina di 4 anni e non si rendono conto che così facendo sminuiscono la categoria oltre che se stessi. Un esempio tra i tanti: un noto personal trainer, indossando il camice bianco come fosse un costume da scena, presenta i suoi libri parlando di "dipendenza da cibo" con un approccio riduttivo e superficiale. Il suo consiglio? “Smetti di magná.” Il problema è che la dipendenza alimentare, quando esiste, è un tema complesso che coinvolge la neurofisiologia, la biochimica cerebrale e la psicologia del comportamento.
Non si risolve con uno slogan da social. Non esiste nemmeno, ad oggi, un consenso unanime nella comunità scientifica su cosa sia davvero la dipendenza da cibo: se sia assimilabile a una tossicodipendenza, se sia una risposta a traumi o se sia piuttosto una manifestazione di altri disturbi. E lo stesso vale per le diete: non sono tutte uguali e non tutte sono adatte a chiunque. Alcuni approcci alimentari richiedono analisi del sangue approfondite. In presenza di patologie, come diabete, insufficienza renale, malattie infiammatorie, le indicazioni dietetiche devono essere costruite su misura, sulla base di dati clinici e di un confronto tra medico, nutrizionista e paziente. Ridurre tutto a uno slogan o a una ricetta “valida per tutti” è pericoloso.
Purtroppo, per come è strutturato il mondo della comunicazione online, spesso ad avere successo non sono i professionisti preparati ma gli showman. La scienza , quella vera , è prudente, lenta, piena di dubbi. Non urla certezze, non semplifica all’estremo. Ma in un mondo dominato dall’algoritmo e dall’influencer marketing, il grigio della verità ha meno appeal del colore acceso della narrazione facile. E non sempre “medico” è sinonimo di “affidabile”. Alcuni professionisti, pur avendo una laurea e un camice vero, utilizzano la loro autorevolezza per veicolare messaggi distorti. Alcune frasi pronunciate da personaggi noti ,persino da medici oncologi ,(mi riferisco ad una famosa signora)sui social sono semplicemente irricevibili. Quando non c’è onestà intellettuale, nemmeno il titolo accademico può essere una garanzia. All’ignoranza si può porre rimedio; alla malafede, purtroppo, no.
Un altro esempio molto grave di comunicazione distorta è venuto più volte dalla trasmissione le Iene dove ho visto un biologo nutrizionista dire peste e corna degli agonisti del GLP1......ora che finalmente abbiamo dei farmaci reali contro l'obesità chi non può prescriverli li scredita in TV raggiungendo milioni di persone, sarebbe bastata alla redazione delle iene andarsi a vedere le pubblicazioni del new england journal of medicine la rivista scientifica medica a più alto impact factor per vedere i miglioramenti sulla funzionalità cardiaca e renale che salveranno la vita a tante persone affette da diabete o da obesità.
Per chi cerca informazioni corrette, il consiglio è uno solo: fate attenzione. Verificate le fonti, chiedetevi chi parla e con quale competenza. Diffidate delle soluzioni semplici a problemi complessi. In una giungla dominata dallo show, serve spirito critico per orientarsi. E ricordate: mangiare è un atto quotidiano, ma anche profondo, che tocca la salute, la cultura, la storia personale. Merita rispetto, non spettacolo. Perchè di cattiva informazione si può morire specialmente se arriva a milioni di persone.